Ferite a morte

Ferite a morte è un libro scritto da Serena Dandini nel 2013. Questa estate, quando ho avuto il piacere di andare alla presentazione del suo libro La vasca del Führer, ne ha parlato come un lavoro che nonostante fosse stato pubblicato quasi un decennio prima, era un testo drammaticamente attuale.

Il libro

Il libro Ferite a morte è nato come un progetto teatrale sul femminicidio scritto e diretto da Serena Dandini. Un’ antologia di monologhi sulla falsariga della famosa Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master costruita con la collaborazione di Maura Misiti, ricercatrice del CNR. I testi attingono alla cronaca e alle indagini giornalistiche per dare voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un “ex”.

Ogni due, al massimo, tre monologhi mi dovevo fermare nella lettura. La scrittura lascia immedesimarsi con le protagoniste. Si scopre il punto di vista delle vittime mentre raccontano del loro aggressore.

La cronaca

57 sono le vittime di femminicidio in Italia dall’inizio del 2021 [fonte].
Ma fate attenzione: perché a qualcuno non piace nemmeno la parola femminicidio, perché un omicidio è un omicidio sempre, e il fatto che venga perpretato nei confronti di una donna non è un aggravante.

Photo by Sydney Sims on Unsplash

E invece l’aggravante c’è.

L’aggravante sono le molestie che questa donna riceve prima di arrivare all’epilogo di sangue.
L’aggravante sono gli insulti che riceve durante quella che dovrebbe essere una relazione d’amore, ma che d’amore non ha nulla.
L’aggravante sono le botte che seguono agli insulti, per far capire meglio il concetto.
L’aggravante sono le parole dei parenti vicini e lontani: tanto si sapeva che finiva così. Ma tanto lo sapevano anche i vicini di casa, il bottegaio e il macellaio.
L’aggravante sono le denunce cadute nel vuoto delle istituzioni.
L’aggravante sono le denunce mai presentate per paura di non essere credute, per angoscia che la situazione possa degenerare, per timore di rimanere intrappolate in una vicenda anormale nonostante la denuncia.

Scarpette rosse, panchine rosse, sciarpe arancioni

In No visible bruises (Nessun livido visibile), un libro del 2019 sulla violenza domestica, Rachel Louise Snyder osserva che la reazione comune è spesso “perché non se n’è andata?” piuttosto che “perché lui era violento?”. Alle donne che subiscono molestie e minacce per strada viene detto di limitare le proprie libertà e cambiare comportamento, come se le minacce e la violenza maschili fossero qualcosa che non si può correggere, come il tempo, non come qualcosa che può e deve cambiare.

Escludere i responsabili dai racconti di cronaca, dalla narrazione del femminicidio, significa in qualche modo proteggerli.

Ed è una delle cose su cui bisognerebbe incominciare a lavorare.

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