La solitudine del maratoneta

Esco da una tre giorni orrenda. Una infilata di eventi che mi ha lasciata triste, delusa, amareggiata, avvilita e ferita.
Mi hanno dato dell’arrogante, della saccente, e anche della maleducata. In due giorni e da due persone diverse. Abbastanza materiale per mandare alle Maldive la mia psicoterapeuta per i prossimi due anni. Almeno.
Poi apro la mail.
Inaspettatamente provvidenziale e stranamente opportuna la newsletter mensile di Eleonora Usai sembrava scritta per me.
Attraverso le sue parole ho trovato le mie.

ACCENDI LA LUCE PER VEDERE IL BUONO CHE HAI [grazie Eleonora]

Avevo bisogno di accendere la luce per vedere che solo io so che quando faccio qualcosa o dico qualcosa di assolutamente non richiesto, lo faccio o lo dico assolutamente in buonafede. Non c’è mai dietrologia. Purtroppo sono ingenua, sempre trasparente e sincera. Ecco. Chi mi conosce sa che quando *mi parte l’embolo* [cit. la mia capa] non è puro esibizionismo, ma mero masochismo.
Probabilmente mi sto offrendo di fare qualcosa [di non richiesto] per alleggerire il lavoro di una persona che si lamenta, ma che poi in fondo sta bene così.
Oppure sto snocciolando tip and tricks per fare più velocemente qualcosa, senza capire che di fronte ho una persona per cui *si è sempre fatto così e così si farà per sempre*.
O peggio mi offro di prendere in mano una situazione critica suggerendo come poterla sanare.
Parto troppo carica. Parlo senza filtri. Sono convinta della bontà delle mie idee e della bontà delle mie azioni.
La conseguenza è che l’immagine che ho di me [Candy Candy] si deforma nell’immagine che vedono gli altri [Crudelia De Mon].
Da crocerossina ad antagonista supponente e prevaricatrice.
Una sorta di *quando ordini su Wish e quando ti arriva a casa*.

HO PIANTO PER TRE GIORNI

Non in modo continuativo, ma per tre giorni gli eventi accaduti mi hanno tormentata e fatta piangere. Mi sono sfogata [a chi sa: grazie per avermi ascoltata].
Adesso che ho acceso la luce nel ripostiglio della mia dignità devo imparare a fare in modo che i miei attacchi di generosità, che si traducono evidentemente in consigli non richiesti, smettano di esistere.
Anzi. Mi correggo.
Devo imparare che quello che per me è un fare e un propormi che non mi costa nulla, si traduce in sindrome da prima della classe: secchiona e anche fondamentalmente stronza.

HO SCRITTO AD ELEONORA

Le ho scritto perché volevo farle sapere che grazie a lei avevo acceso la luce e finalmente, dopo tre giorni, ci vedo di nuovo.

Siamo umane, fragili, spesso ci sentiamo sole e non capite. 
Ecco, diciamolo. Scriviamo anche queste mail, non vergogniamoci di sentirci così male.
Ma poi a fine giornata guardiamoci allo specchio e sorridiamo. Ché niente e nessuno dovrebbe farci sentire male.
Dove c’è impegno e buona fede, deve restare quel pizzico di soddisfazione da farci battere la spalla da sole. 

Photo by Content Pixie on Unsplash

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Articolo creato 1029

4 commenti su “La solitudine del maratoneta

  1. Una citazione abusata è “ama e fa ciò che vuoi” ed in questo caso aggiungerei un bel “e sticazzi”. Si fa ciò che si può con passione, se poi c’è chi non apprezza, chissenefrega.

  2. Non mi sono quasi mai concessa il diritto di mettere nero su bianco questemozione dolorosa, scomoda, stretta e stridente. L’ho sempre allontanata. E dire che avrei veramente bisogno de tuo coraggio. Quello che ti serve per scrivere con forza…che siamo deboli. Mi hai commossa

    1. Elena sai cosa fa dire Stephen King a Dolores Claiborne nell’omonimo romanzo? *la strada verso l’inferno è lastricata di buone intenzioni*. E io ci credo.

Sono curiosa di sapere cosa ne pensi

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