Viaggiare a Natale, per raggiungere la famiglia al sud, e passare le feste con loro, è una tradizione inaugurata nel 2001, anno del mio trasferimento al nord. Saltata solo l’anno in cui, incinta di 7 mesi, non me la sentì di affrontare il viaggio, ma questa è un’altra storia.
Questo blog ha registrato in un paio di post, il disappunto ad affrontare il viaggio, nel 2008 con L’autostrada nella nebbia e nel 2010 con E le chiamano feste.
Ogni anno la stessa sofferenza: lasciare quella che considero a tutti gli effetti la mia casa, per affrontare un viaggio lungo, spesso reso ancora più lungo dal traffico delle partenze intelligenti. Sai quelle del: <parto a quest’ora perché così non trovo nessuno>, e ci si ritrova affiancati, stipati in autostrada, a sbirciarsi le facce e gli abitacoli della macchina reciprocamente.
Sarà che la scelta di andare via da casa, fatta a 19 anni da studentessa universitaria fuori-sede, è stata dettata da una necessità di sopravvivenza, legata ad un clima casalingo soffocante e asfissiante. Aggravato da un sentimento di odio verso il paese in cui ancora abita la mia famiglia, mai considerato il mio luogo di origine.
Insomma: un viaggio che ho sempre ritenuto inutile, poco piacevole, un ostacolo a godere delle ferie e del riposo dal lavoro, una gigantesca perdita di tempo e di felicità. Ed è stato così per molti anni.
Viaggiare a Natale 2017 per raggiungere la mia famiglia, per la prima volta, l’ho vissuto non come costrizione [perché così si fa], ma come puro piacere. Di rivedere la mia famiglia, di passare del tempo con loro. Piano piano ho fatto pace con il passato. Ho seppellito rancori, ho accettato gli errori, ho perdonato, ho dispensato sorrisi. Ho capito che per troppo tempo il sentimento di odio che mi lega a quel paese ha rovinato ogni cosa. Che quell’odio per troppo tempo ha distorto la mia visione degli eventi, ingigantendo le cose e distorcendo la realtà.
Solo una cosa non riesco a perdonare a quel passato: di avermi portata via dal luogo della mia infanzia. Luogo a cui rimango legata. Che visito con Google Maps ogni volta che la nostalgia mi assale. Luogo in cui spesso anche solo un odore riesce a farmi viaggiare nel tempo, e a riportarmi bambina. In cui ho deciso che non tornerò mai più, per paura di rovinarne il ricordo.
Io vivo un’altra situazione: per ora resto, vedo gli altri andare e tornare, così il tempo sembra proprio volare, quando stiamo insieme.
La vita di chi nasce, cresce e vive sempre nello stesso luogo è una cosa che non riesco nemmeno a concepire. Mi ha sempre affascinato sapere cosa si prova, com’è.