Sono una di quelle orribili persone che non ricordano le date dei compleanni. Per ovviare a questa problematica, ho istruito il mio smartphone a ricordare con un messaggio acustico l’evento in previsione. Ma essendo anche patologica nelle mie dimenticanze, spesso tolgo l’avviso, e dimentico comunque.
Questa volta gli auguri in ritardo però non sono per una persona di cui ho dimenticato il giorno del compleanno. Gli auguri in ritardo sono per il mio bambino, che di anni ne ha compiuti due, ormai da una settimana.
Li scrivo in ritardo perché sono una mamma pessima. Ho sempre poco tempo e sono sempre troppo stanca la sera per scrivere quelle parole che mi girano nella testa e prudono sulla punta delle dita.
Avrei voluto scrivere di quanto passi velocemente il tempo, ché sembra ieri che andavo in giro appesantita dicendo a tutti che non vedevo l’ora di dividermi da te [e dal tuo peso].
Avrei voluto scrivere di quanti cambi velocemente e una foto scattata solo qualche mese fa quasi non assomiglia alla foto che ti ho scattato oggi.
Avrei voluto scrivere decine di cose, di abitudini che cambiano, di parole che non dici e che abbozzi costringendoci a tirare ad indovinare.
Avrei voluto scrivere di come cerco di preservarti dalla tecnologia, anche se strilli ogni volta che non ti lascio ascoltare le canzoni dall’IPad. Ma che quando sono stanca spero che tu abbia voglia di startene fermo e buono ad ascoltare la musica e l’IPad te lo cedo volentieri.
Avrei voluto scrivere di come adesso pretendi le cose; di come, con il ditino indice puntato, comandi.
Di come abbiamo trovato il modo per rimetterti in riga quando esageri.
Del nostro modo di coccolarci, unico, profondo, assoluto.
E invece scriverò solo che nel giorno del tuo secondo compleanno, cullandoti per farti addormentare, mentre ti tenevo in braccio, ti ho guardato e per la prima volta ho sentito un calore sprigionarsi da dentro. Più o meno all’altezza della bocca dello stomaco, al centro, dove c’è lo sterno. Ad un tratto è come se ci avessi visto meglio. Avete mai fatto una visita dall’oculista? È stato come quando mi sforzo di leggere il cartello con tutte quelle lettere e poi il dottore cala una lente davanti all’occhio e tutto diventa magicamente chiaro e nitido.
E ti ho guardato con occhi diversi.
E allora non ti ho messo nel tuo lettino, ma ti ho tenuto ancora un po’ in braccio, anche se ormai pesi tanto.
Ti ho stretto un po’ di più e ti ho baciato delicatamente sulla guancia.
Credo lo chiamino amore.
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