Siamo al venerdì della terza settimana di inserimento al nido, e le cose stanno gradualmente migliorando. Piange ancora, ma almeno non piange più appena vede in lontananza il cancello dell’asilo. Incomincia a piangere solo quando ormai siamo dentro l’aula, in cui entra da solo, tenendomi semplicemente per mano. E questo secondo me è un buon risultato.
A cui aggiungo che mangia, dorme e si lascia cambiare il pannolino senza fare storie.
Di cosa mi preoccupo allora?
Lolò per ben 18 mesi non ha mai avuto necessità di un oggetto transizionale. Niente pupazzetto preferito o copertina o qualsiasi altro oggetto su cui riversare l’insicurezza e trarre coraggio, per intenderci.
Invece adesso il leoncino che avevo comprato per aiutarlo ad addormentarsi, dopo la fine dell’allattamento, si è trasformato nel suo inseparabile amico.
L’idea del leoncino di peluche era stata l’ultima spiaggia con cui evitare, in fase di addormentamento, che mi “pizzicasse” la pelle intorno al seno. Finita la fase allattamento per addormentarsi aveva trovato questo stratagemma: stringendo forte fra pollice e indice un pezzettino di pelle e conficcando le unghiette, riusciva a rilassarsi e ad addormentarsi nel giro di una quindicina di minuti. Un po’ come quando un gattino fa “il pane”, per intenderci.
Pur capendo che lo faceva come gesto consolatorio, assolutamente indispensabile, mi causava dolore e una sensazione poco piacevole, tanto da costringermi ad indossare una maglia a colto alto e maniche lunghe anche in piena estate per evitare che potesse agguantare un minimo di pelle per esercitare la sua attività.
Il leoncino avrebbe dovuto distrarlo, dirottando le sue attenzioni sull’oggetto inanimato. Tentativo inutile. Ha sempre preferito la mia pelle. E il leoncino era diventato solo il riferimento serale per andare a fare la nanna.
Ormai è abitudine, arrivate le 22, dirgli che è ora di mettere il pigiamino che il leone ci aspetta per dormire. Lolò ripete il verso del leone, e ci avviamo sereni e contenti a prepararci per la nanna.
La storia del leoncino è piaciuta alle tate, durante l’intervista che ci hanno fatto singolarmente prima di entrare all’asilo. Mi hanno chiesto di portare il pupazzo il primo giorno in cui si è fermato a fare la nanna, in modo da ricreare una situazione a lui familiare, raccontandogli la storia del leone.
Ora invece è diventato il suo amico inseparabile. Lo tiene sul tavolino mentre svolge qualche attività. Lo tiene stretto quando andiamo all’asilo la mattina, e non lo molla se non quando torniamo a casa al pomeriggio. Oltre a dormirci sia di pomeriggio che alla sera.
Winnicott (famoso pediatra e psicoanalista) teorizzò che l’utilizzo dell’oggetto transizionale coincide con la nascita della consapevolezza da parte del bambino di non essere una sorta di prolungamento della madre, ma un individuo separato da lei, affidando all’oggetto transizionale il delicato compito di aiutare il bambino ad attraversare la fase dello sviluppo dell’Io e della differenziazione. [fonte]
Invece io vedo nel leoncino la materializzazione del suo disagio.
I vostri bambini hanno un oggetto transizionale? E voi mamme, come vivete questa fase della loro vita?