Asilo nido: diario di un inserimento

inserimento nido

Con oggi sono 10 giorni di frequenza al nido di Lolò. Dieci giorni di delirio, pianti e magoni. E non solo suoi.
Ma andiamo con ordine. Alla riunione generale ci avevano comunicato che l’inserimento standard [qualsiasi cosa voglia significare], sarebbe durato otto giorni. Otto giorni in cui gradualmente far abituare il bambino alla nuova situazione.

Il giorno uno passiamo un’ora e mezza insieme. Lolò gioca, io rimango seduta su una sediolina formato bimbi tutto il tempo, gioco con i bimbi cantando le canzoni insieme alle educatrici.
Il giorno due aprono le porte-finestra del giardino: i bambini escono, noi genitori rimaniamo dentro. In questo modo testiamo quanto tempo riescono a rimanere senza di noi. Lolò mi cerca dopo circa un’ora. Mi individua da lontano. Lui nel giardino, io sulla solita sediolina scomoda. Si accerta della mia presenza e si allontana felice.
Il giorno tre la catastrofe. Avrei dovuto accompagnarlo e poi lasciarlo per una ventina di minuti. La formula prevede che non debba sparire magicamente, ma devo verbalizzare e avvisarlo che me ne andrò. Non sono riuscita ad andare via.
Il giorno quattro lo accompagno, e lo abbandono in lacrime. Torno dopo un’oretta e me lo riportano in lacrime. Avrebbe dovuto fermarsi a mangiare, mi consigliano di no.
Il giorno cinque stessa scena mattutina: si stringe forte a me, piange e si dispera. Ma lo lascio anche per pranzo. Dopo circa tre ore lo ritrovo tranquillo.

A questo punto la settimana di maternità facoltativa richiesta alla mia azienda è finita.
Inizia una nuova settimana, ad accompagnarlo ci pensa il papà.
Sempre la stessa scena all’ingresso, con l’aggravante che ora piange non appena capisce che si sta per varcare il cancello.
Il giorno sei, il giorno sette e il giorno otto, in teoria quello in cui il bambino inserito dovrebbe fare l’orario prescelto, nel caso di Lolò fino alle 16.15, lo tengono solo fino a pranzo. E per le 12.30 dobbiamo andarlo a prendere.

Arriva il giorno nove. Lavoriamo entrambi. Quando accompagno Lolò mi chiedono nuovamente di andarlo a prendere per le 12.30. Posso farlo? Prendendo un permesso si. Voglio farlo? No. E chiedo che venga tenuto anche per dormire.
Quanto mi è costato fare questa richiesta? Tantissimo. Ma ora vi spiego perché l’ho fatto.

Abbiamo scelto una soluzione full-time perché ne abbiamo bisogno. Lavoriamo entrambi ed entrambi a tempo pieno. La richiesta di tempo per inserire un bambino ci è sempre stato detto che è indicativa: chiedono otto giorni, ma poi dipende da come reagisce.
Ma a cosa serve allungare l’agonia? A cosa serve abituare Lolò ad uscire alle 12.30, quando poi dovrà starci fino alle 16.15? Perché fargli subire continui cambiamenti?
Mi dicono che piange solo appena arriva. Basta trovare la giusta attività e si calma. Comincia a sorridere. Si lascia cambiare il pannolino in tranquillità. Mangia e anche di gusto.
Insisto quindi che provino a tenerlo per dormire. Lascio la mia disponibilità ad andarlo a prendere se si presentano grosse difficoltà o grosse crisi di pianto.
Non mi chiamano. Quando torno a prenderlo apprendo che seppure con qualche difficoltà è riuscito ad addormentarsi, lo ritrovo sereno.

Stamattina, giorno 10. Solita crisi di pianto appena vede il cancello dell’asilo nido e capisce che anche per oggi lo lascerò lì. Lo accompagno in classe appeso al collo, con la faccia affondata nella mia spalla, mentre piange disperato. Lo convinco a scendere chiedendogli di andare a prendere il suo leone [animaletto di conforto serale, che adesso è tornato utile]. Lo lascio in lacrime in braccio ad una delle educatrici, dandogli un bacio, e assicurandogli che lo andrò a prendere…quando?
Chiedo a che ora. Lo terranno fino all’orario prestabilito.

Senza voler mettere in discussione l’operato delle educatrici, mi domando, se non avessi insistito, per quanto tempo avrebbero trascinato l’inserimento.
Inoltre: ieri mattina quando ho fatto presente la mia difficoltà ad andarlo a prendere alle 12.30, quella che è la responsabile mi ha risposto che secondo lei non era il caso di lasciarlo di più. Di fronte al mio sguardo imperturbabile, una collega ha risposto: – è un suo diritto –
La risposta successiva mi ha ghiacciato il sangue nelle vene: – Se chiedi di tenerlo lo teniamo. Ma se chiedi un consiglio se è il caso di tenerlo, ti direi di no…vedi come piange?-

E su questo vorrei scrivere due paroline.
Le educatrici saranno anche esperte di bambini, spero lo diventino anche di genitori.
Dovrebbero quantomeno fare un minimo di distinguo fra genitori lavoratori e genitori non lavoratori.
Il pianto disperato di un bambino che manifesta nell’unica modalità che conosce il suo dissenso per non essere lasciato in un ambiente a lui ancora sconosciuto, in mezzo ad un branco di bambini che necessitano delle sue stesse attenzioni, con persone adulte che non conosce, avrà un impatto diverso a seconda se il genitore lo lascia in quell’ambiente perché deve, o solo perché vuole.
Una mamma che vuole lasciare suo figlio all’asilo nido per fargli fare esperienza, per farlo giocare con altri bimbi, per riappropriarsi un po’ della sua vita, per pulire casa, per poter fare la spesa in santa pace, per cercarsi un lavoro ecc ecc avrà molti meno sensi di colpa di una mamma che varca il cancello dell’asilo, sentendo ancora nelle orecchie le urla del suo bambino, perché un lavoro ce l’ha già e non intende perderlo.

Confesso: non ho mai pianto. Ma ho un senso di colpa grosso quanto l’universo da smaltire.

Blogger e web writer. What else?
Articolo creato 1029

3 commenti su “Asilo nido: diario di un inserimento

  1. Chi è che chiede cosa penso, la mamma che scrive o un’esperta? Se e la mamma posso solo farle coraggio, specie se le sue necessità sono così urgenti. Le insegnanti hanno fallito nell’inserimento. .In molti nidi quelle modalità di inserimento da lei descritte andrebbero eliminate. Inserimento meno cruento , più graduale, secondo le necessità del bambino e il suo rapporto di attaccamento con la madre . In qualunque altro caso sia possibile è preferibile per molti bambini una persona fissa (baeby-sister) che piano , piano si inserisca nella famiglia, prima che la madre lo lasci qualche ora solo con lei , aumentando gradualmente il tempo di separazione. Il bambino ha un momento di transizione dalla madre alla tata. Solo quando questa lo ha conquistato con giochi appropriati e altre modalità, può guidarlo alla ludoteca , ai giardini dove incontrerà amichetti ecc. E non venitemi a dire le solite cose, (sviluppo cognitivo, socializzazione ecc) che se pur vere, male si realizzano in un bambino piangente e agitato per molte ore e per molti giorni. l’impronta di un approccio negativo gli rimane dentro, influenzando il carattere e la personalità future. Coraggio. Cerchi una tata con esperienza , pazienza e tanto amore.

Sono curiosa di sapere cosa ne pensi

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