Volevo scrivere solo alla mia famiglia, ma non conosco i tempi di consegna del servizio postale, e prima che qualcuno sia accusato ingiustamente della sparizione del mio cadavere, voglio far sapere a tutti quelli che conosco che sto bene.
Mi sono tuffata dal parapetto della nave da crociera con cui ero partita di mia spontanea volontà.
E state tranquilli, ho con me tutto il necessario.
Ho studiato le carte nautiche per mesi, anche perché ne capisco così poco di mare, e preparato la mia fuga con attenzione.
Prima di scomparire per sempre ho nascosto in una delle scialuppe di salvataggio tutto quello di cui avevo bisogno: una casina in legno, un fornello, pentole, cibo in scatola, bottiglie di prosecco e chianti, e un frigo, una scrivania, una poltrona comodissima e carta e penne e matite colorate per cercare di immortalare gli splendidi tramonti di questa fantastica isola disabitata.
Non ne potevo più di quella nave. Affollata, piena di cianfrusaglie di cui la gente crede di aver bisogno, vendute a prezzi altissimi. E l’abito per il giorno, e l’abito per la sera, e i falsi saluti calorosi, e l’ostentazione continua e quotidiana. Ho detto basta.
Qui finalmente posso vivere al mio ritmo. Posso ascoltare le onde del mare. Posso cantare a squarciagola senza che nessuno mi dica che stono o che non si può fare. Posso stare in costume tutto il giorno e finalmente sono abbronzata proprio come piace a me.
Scusate se non torno.
E non venitemi a cercare.
Non venitemi a cercare.
