Lolò ha compiuto 17 mesi.
In tutti questi mesi abbiamo sperimentato e cambiato svariate modalità per addormentarlo. Solo una non cambia: cantargli la ninna nanna prima di metterlo a dormire. Sia di pomeriggio che di sera.
Ma ormai anche questa cosa sta cambiando.
Spesso si addormenta da solo, come ho scritto qualche mese fa.
A volte però la canzone per conciliare il sonno è proprio lui a chiederla, sedendosi in mezzo al letto, scuotendo la testa come al ritmo di una musica dance, articolando un suono ritmico che significa: canta!
Appena si diventa mamme, la prima cosa che si afferma è che mai si canteranno le canzoni da repertorio classico. Salvo poi ritrovarsi a cantare quella nenia in cui si cede il proprio bambino ad entità più o meno rassicuranti, per tempi variabili da un giorno a tempi indefiniti.
Sono arrivate poi le canzoni di Malica Ayane [Tre cose, Il tempo non inganna e Cosa hai messo nel caffè?], Love of my life dei Queen, e nel nostro repertorio hanno trovato spazio anche canzoni partigiane come Fischia il vento e Bella ciao!. E poi lei: Piccola stella senza cielo di Luciano Ligabue, idolo della mia adolescenza, che resiste al tempo e all’età.
Da quando però ho iniziato a cantargli Leggero, la sera non vuole altro che questa canzone.
Mi chiede di cantare, e come se fossi un jukebox, scuote la testa e si lamenta, fino a che non propongo Leggero. Allora si sdraia e mi ascolta, conciliandosi il sonno stringendo fra le mani un piccolo leone di peluches.
Da qualche giorno però quando arrivo al verso:
c’è qualcuno che urla, per un addio al celibato
Niccolò un grido lo tira fuori davvero. Ho realizzato così che il testo incomincia a risultargli comprensibile.
Temo quando mi chiederà cosa significa il resto:
per una botta di vita con una troia affittata.
Credo di dover cambiare ninna nanna al più presto.
O avete idea di cosa posso raccontargli?
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