Ho partecipato al primo concorso letterario quando avevo 14 anni. Già a quell’età avevo l’abitudine di appuntare pensieri, che scambiavo per poesie, e idee di storie su quaderni o fogli sparsi. E quella storia erano solo cinque righe di idee che sviluppai apposta per partecipare al concorso. Ricordo le mie parole, scritte con la calligrafia acerba di una ragazzina dai modi insicuri e la testa piena di sogni, trasformate in chiare lettere a stampatello su un vecchio IBM dal sistema operativo MS-DOS. Ricordo che quello fu l’esatto momento in cui capii cosa mi sarebbe piaciuto fare nella vita: scrivere. Quello fu anche il primo no ricevuto.
I no che aiutano a crescere.
Si dice che perseverare sia diabolico, e se si ricevono molti no, soprattutto se parliamo di scrittura, o di attività artistiche in generale, forse sarebbe il caso di smettere.
Nel tempo ho invece maturato l’idea che ricevere dei no è fisiologico, può succedere, e non deve assolutamente abbatterci.
Anzi.
Cosa fare quando si riceve un no?
In prima analisi indagare sulla motivazione del rifiuto. Partecipare ad un concorso letterario, o tentare di vedersi pubblicati su qualche rivista cartacea o su un qualche magazine online, prevede che ne conosciamo il target e l’orientamento.
Abbiamo sbagliato approccio? Abbiamo una prosa arzigogolata? Utilizziamo periodi poco chiari?
Questi problemi possono essere risolti frequentando qualche corso di scrittura creativa.
Siamo dei maghi della penna, ma continuiamo a ricevere dei rifiuti?
Forse lo stiamo facendo nel modo sbagliato.
La scrittura è anche promozione di se stessi.
Al mio primo vero lavoro, un giorno la direttrice del personale mi chiamò nel suo ufficio e mi fece un lungo discorso, elencando tutti gli obiettivi raggiunti e tutte le attività svolte in maniera eccelsa. Concluse con questa frase: sulla tua intelligenza non si discute, manchi però di diplomazia.
Da allora ho lavorato su questo aspetto, e anche nella scrittura sono diventata più diplomatica, ovvero per vedersi pubblicati bisogna mettere in atto una strategia per promuovere se stessi, non solo il proprio lavoro.
Dentro rimango sempre la persona riservata e schiva che so di essere, fuori mi promuovo come meglio riesco a fare.
Senza sottovalutare l’aspetto che funziona per antonomasia di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, conoscendo le persone giuste. Non trovi?