Certe cose le ho lette sui giornali. Le ho sentite, anche se raramente, in qualche dibattito in tv. Fra amiche [donne] quando eravamo giovani, neo-laureate, ne parlavamo come un mostro, l’uomonero che nessuno ha mai visto, di cui si parla a bassa voce, ché si sa che esiste, ma nessuna lo ha davvero incontrato, e ci consolavamo auto-convincendoci che in fondo era solo una leggenda metropolitana.
Invece è successo proprio a me.
E a distanza di una settimana il ricordo è ancora qui che mi gira per la testa.
Un mese fa ho sostenuto un colloquio per una “mobilità esterna volontaria”. Lavorando per una P.A. ho la possibilità di chiedere un trasferimento da una amministrazione all’altra, e invece di sostenere un concorso, si sostiene un normale colloquio di lavoro: screening curriculum, colloquio motivazionale, giudizio sulle esperienza lavorative.
Non mi era sembrato il caso di parlare del mio stato di gravidanza per una serie di motivi. Non volevo essere giudicata per uno stato del tutto temporaneo e volevo capire se il tipo di lavoro che mi si stavano proponendo era davvero in linea con le mie aspettative.
A prescindere dall’abbigliamento scelto, se anche una sola delle [quattro] persone presenti nella stanza si fosse accorto del mio stato, lo avrei ammesso senza problemi: siamo in Italia certo! Ma anche in Emilia Romagna, una delle regioni più emancipate!
Senza contare che devo sempre fare i conti con la mia naturale insicurezza, e quindi con il pensiero latente di essermi presentata regalandomi una possibilità più motivazionale che reale, ché si sa che nelle P.A. i raccomandati la fanno da padroni.
E invece a distanza di un mese arriva la telefonata che non mi aspettavo. Mi comunicano che sono la candidata scelta per ricoprire il ruolo richiesto.
E a distanza di un giorno arriva anche la telefonata del responsabile che dopo congratulazioni e complimenti mi spiega le motivazioni per cui non sarebbe corretto nei confronti dell’amministrazione e dei suoi collaboratori assumere una persona che fra qualche mese sarà assente.
– Lei mi capisce?-
Certo che capisco. Capisco perfettamente la logica del mercato del lavoro. Sono stata dall’altra parte della scrivania ad occuparmi di un ufficio del personale per talmente tanti anni che certe cose le ho assorbite come un veleno, tanto da decidere anche di licenziarmi e di cambiare settore. E ora sta accadendo a me.
– Mi chiami fra un anno, quando sarà rientrata al lavoro, e vedrà che un posto per una brava come lei lo troviamo –
E io voglio credergli.
Voglio credergli perché sono stanca di fare la pendolare. Sono stanca di affrontare tre ore [3 ore] di viaggio al giorno, tutti i giorni, dal lunedì al venerdì.
Sono stanca delle variabili di Trenitalia che spesso fanno lievitare le ore di viaggio, che diventano incalcolabili, innumerevoli, stancanti.
Voglio credergli.
Anche se continuo a ripetermi che le leggi a tutela delle donne non servono a niente se nessuno vigila e se si possono tranquillamente ritorcerci contro.
Voglio credergli.
Anche se nessuno mi leva dalla testa che quel posto a cui ambivo era mio, e se fra un anno non ci sarà posto per me non potrò reclamarlo.
Durante i colloqui di lavoro una donna subisce una scansione accurata o perchè sei giovane e potenzialmente potresti diventare madre da un giorno all’altro, oppure perchè già lo sei e sanno benissimo che i tuoi figli sono la tua priorità assoluta.
Poter lavorare da casa anche come dipendente è una meta ancora molto lontana in Italia. Esistono pochi rari casi, ma sembra che molte aziende non abbiano ancora capito quali vantaggi possono ricavarne dall’assumere persone che possano lavorare tra le propria mura domestiche.
Come dico sempre la motivazione è la ruota che fa muovere la propria produttività.
Personalmente dopo essere diventata mamma non ho trovato soluzioni lavorative che mi permettessero di telelavorare, cosi ho deciso di reinventarmi e crearmi il mio lavoro da casa. Ora sono un’assistente virtuale. Lavoro e posso seguire la mia famiglia e questo mi rende felice.
Vorrei che tutte le mamme ed anche i papà potessero avere questa possibilità anche in Italia.
Spero tanto che presto questo sogno, diventi una realtà per tutti.
In uno dei primi colloqui un responsabile del personale si spinse fino a chiedermi che tipo di contraccettivo usavo.
Ora so di aver trovato nel tempo, lungo la mia strada, persone che hanno creduto in me a prescindere dal fatto di essere in età fertile. E continuo a dargli modo di non pentirsi della fiducia riposta.
In bocca al lupo per la strada lavorativa che hai scelto di intraprendere.