Una lunga attesa

– Matrix è ovunque, è intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore.
L’ avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.
– Quale verità?
– Che tu sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri sei nato in catene. Sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha muri, che non ha odore. Una prigione, per la tua mente

In uno dei miei normali giorni da pendolare, chiacchieravo in treno con D. dell’arrivo a Modena del regista Ugo Gregoretti. Sconosciuto ai più, Gregoretti è anche la G del film RO.GO.PA.G. un film del ’63 in quattro episodi, il cui titolo è l’acronimo dei quattro registi che li hanno realizzati: Rossellini, Godard, Pasolini e, appunto, Gregoretti.

Raccontavo a D. di come il filo conduttore che lega gli episodi è il saggio di W.Packard I persuasori occulti, e l’episodio diretto da Ugo Gregoretti Il pollo ruspante racconta, forse in maniera leziosa ma assolutamente lungimirante, la perdita dei valori dell’Italia rurale e i mutamenti della società e del paesaggio durante il primo boom economico, delineando con ironia il nuovo prototipo del piccolo borghese italiano nell’epoca dei bisogni indotti dal consumismo.
Lavoravo per il localblog di VirgilioModena, avevo scritto un post sull’evento, e avevo scelto di pubblicare il pezzo del film che più mi aveva colpito. In sosta a pranzo in un autogrill, un bambino chiede al padre, interpretato da Ugo Tognazzi, cosa significa la dicitura “pollo ruspante” presente sul menu. Il padre gli spiega che il pollo ruspante è un pollo libero, che vive in campagna, mangia quando può, dorme quando ne ha voglia, diversamente dal pollo di allevamento, che nel suo reparto, fin da piccolo, viene sottoposto a disciplina e non può decidere di niente che riguardi la sua vita: fa soltanto quello che gli dicono di fare. E ad un tratto all’immagine delle persone che affollano il ristorante, si sovrappone quella dei polli in batteria.

A questo punto D., sempre attento e curioso, mi ha interrotta e posto questa domanda:
– Ma ti ti senti più pollo ruspante o pollo da batteria?

Non ho esitato.
E non è una questione di come mi sento. Ma come credo di vivere.
Ho risposto: – Sono un pollo da batteria. Posso vivere credendo di essere libera, di scegliere, di avere il totale controllo della mia vita. Ma sono profondamente convinta che la maggior parte del mio tempo è occupato da scelte che non dipendono da me.
E questa consapevolezza non è una sconfitta, ma il punto di partenza per ragionare meglio su come utilizzare il tempo che mi rimane. O come trovare margini di autonomia in una vita scandita da continui stimoli esterni.

Questo episodio mi è tornato alla memoria quando mi è stata comunicata la necessità di inoltrare una richiesta di “maternità anticipata”, e dello sconforto che ne è derivato. E non per le condizioni di salute.
Ho realizzato che avrei avuto molto tempo per me. Tutte le 24 ore della mia giornata da riempire con quello che preferivo.
E per me abituata fin da piccola ad avere regole e orari e impegni da rispettare più che un mondo di opportunità, mi si è aperto un baratro di possibilità infinite che mi hanno completamente disorientata.
Cosa succede ad un pollo di batteria quando gli si apre la gabbia e lo si lascia libero?

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