Ma che odore ha?

Per evocare l’estate mi basta l’odore dei campi di grano. Era l’odore che sentivo appena arrivata nel luogo dove avrei passato le mie vacanze. Ettari di campi si estendevano fra la strada provinciale e l’ingresso del campeggio che mi ha vista per la prima volta adolescente e dove anno dopo anno sono diventata grande.
Usciti dall’autostrada, un tratto di strada provinciale pericolosa, a sole due corsie, con poche case rade e un paio di centri abitati da far west, anzi: da profondo sud: deserti, bianchi, immobili e anche un po’ squallidi. Poi la deviazione, il sottopasso sotto il cavalcavia del treno e la macchina veniva invasa dall’odore del grano cotto sotto il sole di giugno.
Lo stesso odore che potevo sentire tutte le volte che mi avventuravo con i miei amici estivi fuori dal campeggio alla ricerca di un’avventura che ci faceva sentire come i Goonies, e che avremmo ricordato per sempre.

C’è anche un altro odore che rievoca l’estate delle vacanze spensierate, quello della resina dei pini cotta dal sole. Fino a che non sono diventata abbastanza grande per rifiutarmi di andare in vacanza con i miei genitori, le mie estati le passavo in campeggio. A mia madre ho sempre detto che avrebbe fatto meglio a mettere le ruote alla casa, tanto era scrupolosa nel preparare tutto l’occorrente, e portava davvero di tutto. In campeggio non doveva mancarci nulla e soprattutto dovevamo comperare il meno possibile nel negozietto all’interno del campeggio con prezzi truccati. Oggi è diverso: ogni due passi un supermercato, ma allora intorno al campeggio c’era davvero il deserto.
Ma parlavo dell’odore della resina dei pini, alla cui ombra si stava le prime ore del pomeriggio a giovcare a carte, ma in silenzio, che le persone dovevano riposare, con il frinire delle cicale che non smetteva nemmeno di notte, ma non era fastidioso, anzi: faceva ancora di più estate.

Ecco perché nonostante non abbia più la possibilità di partire per le vacanze in giugno e tornarmene in paese alla metà di agosto, prima del 15, prima dell’arrivo della bolgia umana, mi basta uscire e fare pochi passi. Annusare l’aria. Sentire l’odore della resina cotta dal sole dei pini in giardino, fare due passi e correre nei campi di grano arrostiti dal caldo, e l’estate sembra sia ancora quella della mia adolescenza. Quell’adolescenza che non vedevo l’ora di buttare via e che ora so di aver sprecato.

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