After Earth

Se avessi saputo che il regista di After Earth è Shyamalan non credo sarei andata al cinema fiduciosa di vedere un bel film di fantascienza. Nonostante non sia un regista che stimo, ho visto tutti i suoi film, e tutti al cinema, e tutte le volte uscivo dalla visione sentenziando che era riuscito a fregarmi un’altra volta i soldi del biglietto. Masochismo? Probabile.
Dopo il Sesto Senso, inserito nella mia personale top 5 dei film da incubo notturno, di questo regista non è piaciuta nessuna pellicola. Le storie sono belle, originali, ma c’è qualcosa nella realizzazione, nella narrazione che non riesce ad attrarre la mia attenzione.
E questo After Earth non fa la differenza. Shyamalan ci propone un futuro in cui la Terra a causa delle sventate attività dell’uomo é diventato un posto invivibile, e l’umanità costretta a colonizzare un altro pianeta, deve difendersi da una razza aliena. Contro gli umani una specie aliena di natura animale, potente ma cieca, che rileva la presenza degli uomini fiutandone la paura. L’esercito che combatte i mostri è capace di non provare paura e quindi di diventare invisibile.
Questo il pretesto per raccontare del rapporto fra un padre e un figlio, dove il padre Will Smith è un generale che lotta in prima linea per difendere l’umanità dalla minaccia aliena, e il figlio è in cerca delle attenzioni del padre, che tenta di emulare, sentendosi in colpa per la morte della sorella che non ha saputo difendere da uno dei mostri.
Il film regge tutta la sua forza sui due Smith, e fra un pizzico di Avatar, qualche richiamo ai film medioevali, e una corsa sul vulcano che ricorda Frodo sul monte Fato mentre va a distruggere l’anello, il film finalmente finisce.

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E non scrivo finalmente solo perché mi sono annoiata, ma anche perché credo di avere una specie di calamita per attirare le persone più rumorose, seccanti, fastidiose e maleducate fra i frequentatori delle sale cinematografiche.
Questa volta il mio vicino di poltrona era uno di quelli che nel gruppo deve sempre dire una battuta, deve ad ogni costo trovare il lato ironico di quello che sta guardando. Peccato che lo facesse su un film che di comico aveva poco, eppure sghignazzava come se stessero proiettando Mister Bean. Ma non solo. Mi ha costretto a sospirare a voce abbastanza alta: – Finiranno prima o poi – riferendomi ai pop-corn che masticava rumorosamente, ruminandoli a lungo, e rimestando con ferocia nel cartone.
In più, in cerca di qualche alternativa, accendeva a cadenza regolare il cellulare, non so se per capire quando finiva il film o solo per incendiarmi le pupille.
Qualche mese fa avevo scritto: mai più un film di sabato sera. Ma nemmeno andare di lunedì mi ha tenuta lontana da un cretino.

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