La tristezza delle feste

Andrò al pranzo pre-natalizio aziendale, organizzato un fantastico sabato? No.

Andrò al brindisi natalizio aziendale, organizzato a un centinaio di chilometri da dove abito, per raggiungere il quale l’azienda ha organizzato dei fantastici pullman stile vacanze? No.

A parte avere una vita fuori dall’azienda di cui sono fiera, e me ne vanto, sconto un’allergia congenita alle feste, alle festività, all’allegria a comando, agli assembramenti umani. A meno che non sia per assistere ad un concerto. O ad una rappresentazione teatrale. Va bene anche un film.

Ho già scontato quelle che la multinazionale olandese per cui lavoravo chiamava convention, dove, in ordine sparso, per cinque anni, ho assistito a discorsi motivazionali degni della migliore setta alla Manson, ho sperimentato il ponte tibetano, mi sono ritrovata in canoa giù per le rapide di un fiume gelido, ho sperimentato il potere motivazionale dell’haka neozelandese.

E soprattutto non mi va di ritrovarmi circondata da un centinaio di persone che non mi conoscono, anche se credono esattamente il contrario, a parlare di nulla, o peggio, a sparlare degli assenti.

Si accettano scommesse: si noterà più se sarò presente-sorridente-bicchiereinunamano o se manco?

[io un’idea già me la sono fatta]

 

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