Tu chiamalo se vuoi: destino

destino

Sono fermamente convinta che ognuno di noi sia responsabile del proprio destino.
In ogni attimo della nostra vita compiamo scelte, anche inconsapevoli, che determinano il corso della nostra esistenza.
Molto dipende dalle nostre possibilità, dal nostro corredo genetico, dalla nostra istruzione, dalle nostre competenze, dalla nostra capacità di adattamento, dalla nostra educazione.

Il resto da una buona dose di fortuna.

Eppure, nonostante ci agitiamo, finiamo per far assomigliare irrimediabilmente la nostra vita a quella dei nostri genitori. A quella parte della vita dei nostri genitori che abbiamo odiato, e da cui abbiamo tentato di distaccarci. finiamo per essere loro.

Inconsapevolmente. Irrimediabilmente.

[l’immagine è la locandina di una mostra dell’artista Lush]

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4 commenti su “Tu chiamalo se vuoi: destino

  1. >”eppure, nonostante ci agitiamo, finiamo per far assomigliare irrimediabilmente la nostra vita a quella dei nostri genitori. a quella parte della vita dei nostri genitori che abbiamo odiato, e da cui abbiamo tentato di distaccarci. finiamo per essere loro.”

    Nel mio caso è vero l’opposto. Ho condotto e modellato la mia esistenza in modo autonomo e totalmente distaccato dal modus vivendi dei miei genitori. Ho una mia individualità, per chi mi conosce davvero sembra che non ho “ereditato” nulla da loro e dal “genitore” comunemente detto.

    Così per induzione credo che GENERALMENTE non è poi molto verosimile l’affermazione in base alla quale “finiamo per essere loro” a meno che non la si consideri in determinati contesti dove l’oscurantismo e l’arretratezza culturale operano giocoforza l’equazione che tu hai enunciato.

    Se poi si apre la finestra su ALCUNE REALTA’ la tua affermazion diviene un dogma sempre osservato. Sì è vero (viaggiando molto) ho conosciuto posti dove i bambini “in culla” avevano già il destino segnato dall’impronta cupa e gelatinosa dei genitori, con le madri che nella cucina già preventivavano il matrimonio nella chiesa patronale con il nascituro dei “borghesi” del paesello. Ma sono casi borderline, purtroppo ancora oggi esistenti in certi luoghi dove tutto è entroterra, è sottocultura. In quei luoghi dove Cristo si ferma ancora ad Eboli.

    1. non mi riferivo a somiglianze “culturali”. anche io in questo mi sono ritagliata la mia vita, che non assomiglia né a quella dei miei genitori, né a quella che avrebbero voluto per me.
      mi riferisco a quella somiglianza in gesti, modalità di affrontare alcune problematiche, comportamenti automatici, quelle cose che accadono senza controllo, quasi naturalmente. è in quello che mi sembra di non poter scappare.

  2. Stavo per scrivere più o meno quello che ha scritto l’utente prima di me, e suppongo tu avresti risposto così! Calcolalo come un +1 e grazie della tua precisazione. Aggiungo più in generale che per fare scorrere la vita su binari diversi da quelli stabiliti si fa più fatica. Che ci sia peró anche più soddisfazione dipende da obiettivi fissati e da quelli raggiunti

    1. sai stefano [b] il post nasce dall’osservazione delle persone che ho intorno. ritrovo atteggiamenti, modi di parlare, di atteggiare il corpo o la voce, tic, trasferiti dai genitori ai figli nonostante questi ultimi credano di essere assolutamente diversi e mai [e poi mai] che gli si dica che assomigliano ai loro genitori. non mi ricordo in quale film o libri ricordo che la protagonista vede suocera, anziana, mangiare dei tortellini in un modo disgustoso, e lei in un attimo ci rivede un atteggiamento di suo marito che, ormai sapeva, poteva solo peggiorare. nonostante lui si sforzasse di non essere come sua madre.

Sono curiosa di sapere cosa ne pensi

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