L’involontaria ironia delle cose: il mio viaggio a New York

new york

Fra due settimane precise precise atterro a New York. Ho evitato di parlarne, ma ormai ci siamo.

Senza contare che l’idea di questo viaggio ha preso consistenza a dicembre 2010. E fra un reperimento fondi e una indecisione, una quasi necessità di metterci piede almeno una volta nella vita e la mera paura di volare, ho prenotato a novembre 2011 e questi 4 mesi si sono dilatati che nemmeno la teoria dello spazio di Donnie Darko.

Io e mia mamma non viaggiamo solo per fare le turiste globe-trotter e trendy, non andiamo a caccia degli ultimi saldi né a fare dello shopping alternativo.
Andiamo alla ricerca di un posto che non esiste più, a respirare l’aria che non è più la stessa, a vedere una città che non è sicuramente quella vissuta da suo padre, mio nonno, ma che nel nostro immaginario dobbiamo in qualche modo rendere vera, tangibile.

Sarebbe bello poter arrivare in nave, entrare nel porto sul fiume Hudson, fino a riempirsi gli occhi con la Statua della libertà così come hanno fatto milioni di emigranti.

E invece l’unica cosa che penso è che questo non è un viaggio per noi.

Noi non siamo quel tipo di persone. La cosa più internazionale che ho fatto è stato partecipare al Motor Show a Bologna. Che poi non è esattamente così, sono stata un po’ qua e un po’ la, ma si trattava sempre della cara, vecchia, rassicurante, familiare Europa.

Io e mia mamma a New York: e ci sarà un motivo per cui suo marito, suo fratello e suo figlio [ovvero nell’ordine: mio padre, mio zio e mio fratello] insomma nessun uomo presente nella nostra vita, vuole accompagnarci [compresa la mia piccola iena].

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14 commenti su “L’involontaria ironia delle cose: il mio viaggio a New York

  1. Ma dai se parti con queste prospettive allora non ti passa niente.
    Devi pensare che per quanto possa essere grande una città, alla fine si riduce sempre ai minimi termini… città -> quartiere -> via

    Vai e goditela!

  2. Dai non essere pessimista! In fin dei conti è solo un viaggio sognato da te e da tua madre, anche, se forse, per motivi e sentimenti diversi… Comunque si è quasi avverato il vostro sogno…

  3. Ci andrò, ci andrò anch’io una volta almeno nella vita in America. Ma prediligo i posti quelli della west coast, l’America verde quei posti dove la vita scorre più lenta, quella delle blue highways letta in mille libri. Magari quell’America che se fai una strada a caso poi ti ritrovi in una ghost town dai paesaggi suggestivi. Qualche tempo fa composi “Maybe someday in South Carolina” proprio pensando a quei posti e alla possibilità-sogno di poter fare un biglietto di sola andata. Maybe…

  4. @rosario la pazza idea di un biglietto di sola andata mi è stata suggerita anche da altri, ma non ne ho voglia. ho cambiato casa e abitudini troppo frequentemente per anche solo pensare di farlo ancora. e poi non so se l’America mi affascina fino a questo punto. nella mia vita ho un solo grande rammarico: non parlare l’inglese [l’americano] così fluentemente come vorrei, come dovrei, vista la quantità di corsi e conversazioni pagate che ho fatto nella mia vita. e qui si ferma la mia voglia di “americanità”.

    sulla meta…bè: partiamo con in tasca un paio di indirizzi dove mettere a posto qualche tessera di un passato nemmeno troppo lontano.

  5. Io ho cambiato molte volte tetto e abitudini! Il fatto che ora tutto questo è diventato un treno in corsa. E forse so fare solo questo!! Solo in America o in Australia….

  6. Parti, parti felice. L’America è tutto quello che hai scritto, quello che cercate ed anche di più. E’ un paese con una memoria fortissima, e sono sicuro che – nell’aria se non nelle costruzioni – ritroverete le tracce del vostro passato. Comunque, se può rassicurarti, new york non è nemmeno America, oppure è America all’ennesima potenza. Forse, e sottolineo forse, potrebbe non essere il “vostro” viaggio quello negli Stati Uniti di mezzo, in quei villaggi in cui c’è qualche fastfood (di solito, non è un mcdonald), una banda cittadina con ragazze e ragazzi che al sabato cantano, pettinati più o meno come in Grease trent’anni dopo, qualche pompa di benzina, un piccolo cimitero. (io li ho amati quei villaggi…). Ma la città dove andate voi (ammesso che si possa chiamare città un agglomerato urbano con il doppio degli abitanti dell’Emilia-Romagna), è tutto quello che volete: piccoli quartieri in cui ti/vi sembrerà di vivere in Russia, in Irlanda o anche in Italia (ma lascia perdere little italy, vai a brooklyn. come sai!). un enorme spazio verde con dentro laghi, uno zoo, ciclabili lunghissime. musei in cui puoi passare un’intera giornata e dimenticare il continente in cui ti trovi. il segreto per vivere il nordamerica è però quello di perdere ogni timore e senso di inadeguatezza. sono abituati a tutto: persone che non sanno l’inglese, turisti imbranati, gente al primo viaggio, scoppiati di ogni tipo, coppiette in luna di miele. tuffatevi senza paura, chiedete indicazioni, consigli, lanciatevi (a portafoglio aperto, ché non è per niente cheap quella città). Fai sentire ai newyorchesi che ami loro e la loro città, e ricambieranno in un modo che neanche immagini. L’unico pericolo è che ti piaccia troppo…..

    1. @Stefano (B) la gente viaggia continuamente, e io mi sento anche un po’ sciocca a sentirmi così. come se io fossi speciale, o come se stessi facendo qualcosa di speciale. la gente viaggia continuamente e non si fa tutte le se**e mentali che mi sto facendo io.

  7. Per niente sciocca! Né eccessive elucubrazioni mentali. Sei semplicemente /e fortunatamente/ una persona ancora capace di emozionarsi ed emozionare. (non è un caso se curi un blog che è un camino di emozioni)

  8. @Stefano (B) “non è un caso se curi un blog che è un camino di emozioni” questa la posso usare???? è bellissima.

    in ogni caso…e se poi mi piace troppo?

Sono curiosa di sapere cosa ne pensi

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