E vissero infelici e scontenti

matrimonio

Il matrimonio della cugina pone questioni delicate: invitarmi inviandomi la partecipazione, o considerarmi parte della famiglia, inviando un’unico invito a casa dei miei genitori?  L’ultimo matrimonio celebrato in famiglia risale a 10 anni fa, ed era quello di mia sorella, quindi il problema non si poneva. Il fatto di convivere getta nel dubbio la cugina, indecisa se considerarmi soggetto autonomo o complemento oggetto di quella famiglia, con cui non vivo più da almeno 15 anni.

E poi mi vengono a chiedere perché sono contraria ai matrimoni. Al matrimonio come istituto non ho nulla da obiettare, ognuno stipula nella sua vita il contratto che ritiene più opportuno, è alla pagliacciata del “giorno” del matrimonio che sono assolutamente allergica.

Non ho mai sentito commentare l’arrivo di una partecipazione ad un matrimonio con parole di gioia. Dal pensiero dell’esborso economico all’incubo di ritrovarsi bloccati un giorno intero in compagnia del parentame assortito.

E la messa in scena della cerimonia è un copione degno di qualche fiction di serie B: per un giorno facciamo finta che io sono vergine, che tu sei l’uomo della mia vita e che ci ameremo per tutta la vita.

Il vestito bianco lo trovo adatto al giorno di carnevale, il rito una promessa che preferisco onorare ogni mattina, appena sveglia, anche se non firmata e sottoscritta, i regali con lista nozze una richiesta di sovvenzionamento per un progetto senza garanzie, la cerimonia un palcoscenico dove i rispettivi genitori possono esibire la prole e vantarsene.

Per non parlare di quanto sono allergica a tutti quelle banalità post-matrimonio, con i mariti che consigliano a tutti di non sposarsi, e alle mogli che rendono ridicoli i propri consorti raccontandone le loro poco invidiabili gesta alle amiche.

Il mio giudizio sulla faccenda “matrimonio” è aggravato dalla questione sollevata dalla cugina: la mia decennale convivenza può essere considerata “famiglia” o è meglio far finta di niente, ignorarmi, e considerarmi inclusa nello stato di quella famiglia con cui condivido ormai solo le feste comandate?

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8 commenti su “E vissero infelici e scontenti

  1. Ti garantisco che l’arrivo delle nostre partecipazioni ha scatenato solo gioia e devo dire che si è visto abbondantemente proprio in quel fatidico giorno.

    Cmq sia, io tutte ste pare proprio non le capisco 🙂

  2. Concordo in tutto: dagli inviti all’abito bianco; dalla farsa di essere vergine al ” ci ameremo x tutta la vita,dal ricevere l’invito con gioia e dall’esborso… ecc. ecc. Tutte cose giuste e sacrosante, ma credo che nessuno obbliga a fare certe cose! Sposarsi in chiesa o in comune non significa tutto quello che hai descritto. Basta presentarsi davanti al sindaco, con due persone che attestino la libera volontà e……..basta! Anche la cresima è come il matrimonio, ma…io quando mi sono cresimato, smontavo da una notte di servizio e, insieme al mio collega, ci siamo presentati in Vescovado a Verona, mi sono cresimato e dopo con un ci vediamo in servizio, ogni uno per la sua strada!

  3. Noi siamo famiglia, anche se conviviamo. Ci sentiamo una famiglia per tanti motivi -giusti o sbagliati che siano- e gli altri DEVONO considerarci così. Chi ha provato a non considerarci famiglia è stato mandato a cagare (ed erano persone molto molto vicine) e per un anno non abbiamo rivolto loro parola, tant’è che ora non si permettono di dire A.

    Ho letto quello che hai scritto su Fb e sulla questione “assistenza in ospedale” posso dirti che io ho assistito Fidanzato in una situazione molto particolare e io ho deciso se fargli fare o meno una trasfusione, ma lui aveva firmato preventivamente (era un intervento programmato) tutta una serie di carte. Ne ho parlato abbondantemente sul blog, essendo un argomento che mi sta particolarmente a cuore.
    un domani cmq probabilmente ci sposeremo, ma ecco: non è tra le nostre priorità in questo momento.

    1. @NonPuòEssereVero anche quando ho partorito abbiamo firmato tante carte preventivamente e la mia metà, pur non essendo marito, poteva decidere per me nel caso non avessi potuto farlo da sola. Il mio pensiero va a casi di estrema urgenza, che con l’età che avanza, potrebbero capitare. Per questo anche io penso che forse un giorno ci sposeremo, se questo Stato continuerà ad ignorarci.
      Sul sentirci famiglia, noi lo siamo. Eccome! Ma siamo una famiglia atipica: niente fede, niente amanti, nessuna discussione, tanta comprensione, un gatto, un bambino e presto una nuova casa.
      E siamo felici così.

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