Oggi è successo un casino al lavoro. Uno di quei casini che succedono solo se lavori. Quelli dove nessuno ha torto, nessuno ha ragione. Ci sei tu, il cliente e un marone grosso come il monte bianco generato da incomprensioni, un po’ di superficilità e anche da una buona dose di sfortuna.
E mentre LA cliente (siciliana e anche un po’ arrogante), e scrivo siciliana solo per fare capire in che modo poteva urlare, in modo che possiate visulizzarla in tutta la sua potenza, gergo compreso. Insomma: mentre LA cliente urla, la capa urla più forte di lei e mi difende.
Difende il mio lavoro, difende il mio operato. Roba che mi fa sentire scioccamente contenta. Ma non per chi sa quale merito professionale, anche perchè alla fine c’ho torto anche io in questa storia. Ma solo perchè mi stava parando il culetto. Per il bene di tutto l’ufficio certo, ma il culo in questione in quel momento era il mio.
È solo che nemmeno mia mamma mi ha mai difesa così di fronte al mondo. Mai. Se avevo ragione non diceva nulla. Ma se avevo torto era la prima a sottolineare l’errore, con la penna rossa, e poi metteva il voto: zero.
O come mio padre a cui un paio di giorni fa ho cancellato un commento sul blog di Virgilio perchè mi criticava la sintassi di una frase. Secondo lui non era corretta. E non è che mi ha chiamata al telefono, o mi ha scritto una mail. No: ha lasciato un commento, in modo che tutti potessero constatare quanto fosse ignorante questa sua figlia sciaguarata.
Che però oggi è stata difesa da una perfetta sconosciuta. Una persona a cui adesso sono un poco grata.
Ma solo un po’.
Alla fine è solo la mia capa.
E in più vota Berlusconi.