La giornata a Padova è servita per andare a controllare le condizioni del fratellino.
Il figliol prodigo per la mamma.
La testa di cazzo per il papà.
Il maschietto di casa ha avuto la splendida idea di allontanarsi dalla casa natia prima che fosse troppo tardi, seguendo le orme della sorella grande (io), ovvero il suo pessimo esempio (parola di mamma).
L’ispezione della camera è stata devastante e ha portato la famiglia sul baratro della discussione per futili motivi, sport in cui siamo ferratissimi e preparatissimi, con tanto di battibecco e risposte all’acido muriatico. La frase risolutiva della mamma voleva essere
– se IO stessi qui un paio d’ore, la stanza cambierebbe aspetto –
La mia risposta ha chiuso la trattativa:
– anche IO se mi mettessi un paio d’ore qui dentro la stanza cambierebbe aspetto, e sarà diverso non solo dal suo (indicando il fratello già nervoso di suo che si arrampicava su per l’armadio), ma anche dal tuo (indicando la mamma a cui avrebbe volentieri tolto dalla faccia quell’espressione schifata tipica di chi vede un rifiuto galleggiare nella tazza del cesso) –
In tutto ciò papà fremeva per scendere in cortile a riparare la bicicletta del figlio testa di cazzo che non più tardi di un paio di giorni prima stava morendo stirato ad un incrocio sotto un bus che sopraggiungeva mentre gli si spaccavano i pedali. Attività che avrebbe svolto non tanto per essere utile, ma solo per poter fumare in santa pace senza aggiungere alla nicotina il veleno dell’osservazione della sua dolce metà all’accensione dell’ennesima sigaretta.
Sembriamo una famiglia normale mentre nelle strade assolate di una gelida Padova passeggiamo chiacchierando e scattando fotografie come dei giapponesi qualunque. Il fratellino ha avuto la splendida idea di trascinarci per ore nelle strade di Padova, per poi tramortirci con piazza Prato della Valle: un enorme spiazzo grande più di un campo di calcio piastrellato di venditori ambulanti. La mamma lo ha voluto vedere tutto, vedere ogni singola bancarella, dal più insulso pezzivendolo all’antiquario con la puzza sotto al naso.
Questo stratagemma, ovvero fiaccarci a modo e in maniera totale, ha permesso al malefico fratellino di poter salutare la mammina senza predicozzi. Non so che relazione ci sia fra piedi e lingua ma ha funzionato. E a me di sprofondare sul sedile della macchina ascoltando musica direttamente dal mio i-pod facendo finta di sonnecchiare e quindi evitando chiacchiere inutili come il commento sulla sistemazione abitativa del figlio maschio.
Che poi secondo me si è sistemato alla grande e sta facendo un’esperienza meravigliosa, nonostante le difficoltà.
E poi le sorelle grandi che ci stanno a fare?
Ciao Marlene,
la storia di tuo fratellino mi ricorda la mia prima stanza presa in affitto il giorno dell’immatricolazione alla facoltà di Fisica. Conservo ancora oggi un ricordo bello e suggestivo. Era il giorno in cui tutto cominciava. Non immaginavo per nulla cosa ne sarebbe stato di me, non sapevo cosa volesse dire stare da solo sul serio, farsi da magiare, lavare i piatti e pulire il bagno. I primi mesi li passai da solo in una casetta di 2 stanze e un servizio + balcone che affacciava sul duomo…che affacciava sull’incertezza.
I miei vollero che il loro Ettoruccio studiasse solo con i libri e senza fastidiosi possibili inquilini. E ancora oggi non sanno che proprio una inquilina io la ebbi per 4 anni e fu la luce che illuminò i miei studi, fu la compagna delle mie lunghe notti passate a capire Planck, ad aprire porte sulla teoria dei quanti, a dormire insieme e credere di essere indissolubili e indivisibili.
Oggi vivo un buon presente, sono molto soddisfatto di quello che faccio. Ho un lavoro che è la mia passione, viaggio molto e ho qualche buon amico al di fuori del mondo accademico. Vivo da solo, non più in quella casa dove tutto è cominciato, non più con la mia tanto amata inquilina, ma in qualche hotel in 3 città diverse e in una casettina piccola e isolata quando ho voglia di stare solo. E ricordo con assurda nostalgia tutto questo. Grazie di avermi fatto voltare indietro, anche solo per un attimo, con il tuo post.
Saluti
anche io se mi volto indietro vedo stanze in case promiscue, ma soprattutto vedo me quando ho deciso di vivere sola davvero. una cucina, un bagno, una stanza e una finestra ad arco affacciata sull’infinito. gli anni più difficili ma anche i migliori che sono riuscita a regalarmi. gli anni che da cui non ho imparato niente, ma da cui sono ri-nata. gli anni dell’indipendenza ma del cordone ombelicale che alimenta in caso di difficoltà. e sono contenta che anche mio fratello possa sperimentare e assaporare nell’età giusta queste sensazioni.
semplicemte…che bella cosa la famiglia 😀
No, al di là del racconto, al di là dei fatti in questione, al di là del quadretto familiare, una cosa mi ha mandato in sollucchero: ai bambini buoni…
😉
Adonai
Apo
#apolide: sottile metafora
io so solo che mi manca da morire…