La definirei l’occasione sprecata.
La storia è semplice: la protagonista torna a vivere nell’orfanotrofio dove è cresciuta prima di essere adottata, dove ha intenzione di creare una casa-famiglia. Con lei il marito e Simon, il figlio adottato. Ma nella casa strane presenze ci accompagnano fino all’epilogo sorprendente.
Guillermo del Toro si è talmente innamorato di questa storia tanto da produrlo e prestare il suo nome per il lancio.
La mia impressione è che da questa storia se ne potevano ricavare un paio di film. Non ho trovato relazione fra le presunte molestie ricevute dai bambini e il loro relativo omicidio con occultamento di cadavere all’interno della tenuta, e la sparizione del bambino avvenuta, si scoprirà, per mano della mamma.
Anzi, il finale conciliatorio poco si sposa con la scoperta che lei fa attraverso un percorso di immedesimazione spazio-temporale, mi sarei aspettata un piccolo Simon abbastanza incazzato con la cara mammina, altro che Wendy che torna all’isola che non c’è.
Da riconoscere al cinema spagnolo il coraggio di investire in un’opera prima di un perfetto sconosciuto, continuando il filone del cinema horror inaugurato un po’ di tempo fa da film come Darkness e Il labirinto del fauno.
A proposito di Darkness: ho avuto l’impressione di essere tornata nella stessa casa.