Il primo amore

primo amore

Ho 19 anni, mi sono appena diplomata e so esattamente cosa voglio fare.

Sono 7 anni che mi preparo a questo momento e ora è arrivato.

È stato un attimo, un colpo di fulmine e davanti a me si è spalancata una strada dritta e senza ostacoli facile da percorrere.

Certo, se i miei genitori non avessero deciso di trasferire famiglia e vita qui non sarebbe successo, ma lo hanno fatto succedere, ed io non posso che ubbidire al richiamo del mio destino.

Avevo solo 12 anni, e alla notizia del nostro imminente trasferimento non avevo replicato niente. Non avevo realizzato cosa in realtà significasse. Non avevo preso in considerazione il cambio radicale di abitudini che mi avrebbe atteso a quasi 1000 km da dove ero nata e cresciuta fino al quel momento, e che davo ormai per scontato.

Mai credere che qualcosa è per sempre. Bisognerebbe vivere con la consapevolezza che tutto cambia, che nulla può rimanere immutabile e immutato, e farsene una ragione il più velocemente possibile. E invece io giovane e inesperta mi ero trasformata. Non avevo amici e ho creduto alla mia incapacità di farmene di nuovi. Mi sentivo diversa, mi sentivo osservata e derisa e ho creduto che quella situazione non sarebbe mai potuta cambiare. Ero sola e questo era un dato di fatto che avevo accettato.

L’unico che mi aveva accolto facendomi sentire a casa era stato il paese con le sue stradine piene di storia e la sua aria vecchia ma non stropicciata. Era scoccato il colpo di fulmine. Ma lui la sapeva lunga, di anni ne aveva già più di duemila, aveva visto nascere l’uomo, accamparsi nelle sue grotte in riva al fiume. Lo aveva visto evolversi fino ad arrivare a me, bambina sperduta.

Mi accoglieva nei suoi vicoli ancora lastricati dal selciato romano inondate dal profumo di pane cotto a legna appena sfornato oppure impestato dall’odore di candeggina di un secchio appena svuotato lì, sulle sue vecchie pietre. E quanti pomeriggi sulle gradinate dell’anfiteatro romano a leggere facendo finta di studiare e intanto immaginare il divertimento di chi quelle gradinate le aveva calpestate prima di me. Un giorno mi ha anche regalato una vera moneta antica, facendomi finalmente sorridere. Ma soprattutto quanti abbracci sospesa fra terra e cielo quando mi andavo nascondere nella torre del castello normanno. Nascosta alla vista di tutti dominavo tutta la vallata e li non esisteva solitudine, c’eravamo solo io e lui. Io che ascoltavo mentre lui mi raccontava una favola, una favola vera fatta di cavalieri e dame, gendarmi e guerre, potenti e re.

Così è nata la mia passione per l’arte, la storia e Indiana Jones. Come lui anche io un giorno avrei scoperto dei tesori nascosti e avrei vissuto avventure spettacolari. E lui, quello che era diventato il mio paese, mi diceva che sarebbe stato possibile, perché attraverso di lui avevo conosciuto molto della storia e dell’arte, e le prime scoperte avremmo potuto farle insieme. Lui mi incoraggiava ad inseguire il mio sogno ed eccomi, a 19 anni con in tasca un diploma, eccomi pronta ad intraprendere la seconda parte della mia avventura.

Ma mai credere che qualcosa è per sempre, che nulla cambia. I miei genitori, proprio quelli che hanno fatto si che questa affinità nascesse, hanno deciso di non assecondare più i miei sogni. Io da grande non sarò come Indiana Jones, non sarò archeologa, ma sarò un avvocato.

Bart LaRue

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