Sono cresciuta come una bambina timida timida. Ma non timida con la paura di parlare, timida con quella particolare attitudine a non parlare mai quando serve, ma sempre fuori luogo e fuori tempo. Timida al punto da sopperire alla timidezza allestendo uno spettacolo ogni volta che sono davanti a più di due persone.
A quel punto parlo, parlo tanto, spesso parlo troppo. Mi scappano cose di cui mi pento, mi scappano cose cattive gratuite, mi scappano cose che vorrei cancellare, dico cose di cui potrei fare veramente a meno.
Ma quando devo parlare non mi viene niente. Quando devo mettere in chiaro certe cose anche un po’ scomode rimango non solo senza parole, ma addirittura senza pensieri. Mi si gela il cervello, come in preda ad uno shock. E solo dopo, quando è ormai troppo tardi, penso a tutto quello che avrei potuto dire.
Situazione tipo uno in cui AVREI POTUTO TACERE: arrivo in ufficio e apprendo che una collega ha avvisato che arriverà tardi. Suo marito è stato male tutta la notte con l’influenza, e deve finire di prendersene cura.
La collega che riferisce l’accaduto commenta che certe cose proprio non le capisce. Un conto se si ammala un figlio, ma il marito si può arrangiare.
Parte la battutista che è in me: – Poi dite che il marito si trova l’amante e vi lascia. -Conclusione: la tipa a cui ho rivolto la battuta è divorziata.
Situazione tipo due in cui AVREI DOVUTO PARLARE: vecchio lavoro. Si profila un trasferimento in un’altra sede. Io e la mia collega sappiamo, ed entrambe abbiamo manifestato la volontà di rimanere nel nostro ufficio. Ma lei è la più giovane [professionalmente parlando] e quindi il capo fa un lungo discorso, prima con lei.
Il colloquio si svolge a porta chiusa, ma sento tutto. Sento la mia collega ringraziare per l’opportunità, la sento dire che si sente onorata che abbiano pensato a lei, ma… da un certo punto in poi non fa altro che sponsorizzare la mia dipartita elencando tutte le mie qualità, e di come avrei saputo valorizzare al meglio la società da un’altra parte. Ovviamente condendo il tutto con altrettanti elogi a se stessa di come si fosse ambientata bene nel MIO ufficio.
Quando tocca a me non riesco a credere che il capo abbia già cambiato idea e non mi prospetta una possibilità ma il trasferimento.
Avrei voluto dirgli che era stato manipolato, che lei in realtà sapeva poco del lavoro, che ero io quella che le aveva insegnato tutto e che sapevo tutto.
Ma ovviamente la mia maledetta timidezza, e insicurezza, hanno fatto tutto il lavoro.
E la trasferita sono stata io.